Roberto Tonussi

uno dei primi 5 piloti a cui l’Abarth consegnò la SE025 Formula Italia è Roberto Tonussi, che corse il Trofeo Nazionale 1972 col telaio n.0009 ed alcune gare nel 1973 con la 0006

in seguito si allontanò dalle piste, ma si deve a lui l’idea e l’esistenza di questo sito: Roberto è una persona di grande serietà e generosità, che contribuisce ogni volta che può a documentare la storia della Formula Italia, con equilibrio, sobrietà e concretezza

il mio impegno a far meglio possibile è motivato dalla fiducia che mi ha accordato Roberto Tonussi, anche consegnandomi il dominio formulaitalia.it

Andrea Fois

da sinistra: Caneva, Tonussi, Bozzetto, Troyer, Spataro

5 domande a Roberto Tonussi:

prima della Formula Italia, quale era stata la tua esperienza da appassionato e sportivo nel motorsport?
Due anni in F850 (1970 e 1971), ed una gara in salita con una Fiat 128 GR1

quali ambizioni avevi, iniziando l’esperienza in Formula Italia?
Correre in F3 a Montecarlo

come descriveresti il contorno, l’ambiente attorno alla Formula Italia, dall’arrivo al circuito fino alla partenza dal weekend di gara?
Rispetto alla mia precedente esperienza nelle gare in F850, nell’ambiente della Formula Italia avvertivo una maggiore tensione, una comprensibile rivalità tra noi piloti, tutti molto giovani.
La CSAI aveva promesso di aiutare il vincitore del trofeo 1972 nel passaggio alle categorie superiori; la posta in gioco era alta, e gareggiavamo tutti al massimo delle nostre possibilità. Si formavano gruppi di piloti amici con momenti di convivialità, ma al via ciascuno correva per vincere.

il tuo più bel ricordo? ed il peggiore?
Il mio più bel ricordo è legato al giorno del ritiro della Formula Italia presso gli stabilimenti ABARTH, e ai giorni che seguirono a Varano de’ Melegari per il corso di pilotaggio di Henry Morrogh, nella primavera del 1972. Il peggiore, la sospensione della mia licenza di pilota per una presunta irregolarità tecnica, nell’autunno dello stesso anno.

che giudizio avevi ed hai della monoposto SE025?
Il mio primo giudizio fu molto negativo, la vettura non si comportava come una vera monoposto, sottosterzo ed elevato rollio la rendevano più simile ad una vettura da turismo; non era la vettura che mi aspettavo di guidare.
Inoltre, nella prima gara a Monza la mortalità infantile della neonata monoposto raggiunse l’80%, e dei 15 superstiti che presero il via alla finale, solo 6 vetture tagliarono il traguardo, e non tutte in buona salute.
I guai si presentarono già nelle qualifiche del sabato, ed alcune vetture non furono nemmeno in grado di prendere il via il giorno seguente. Io cercai di portare a termine la gara senza danni, conclusi sesto ed ultimo, ma con la macchina in buone condizioni.

Alcuni dei problemi emersi (barre antirollio invertite, rottura di giunti omocinetici, calo di pressione dell’impianto di lubrificazione con fusione delle bronzine di banco, rotture di alcuni serbatoi di sicurezza causate dalla deformazione elastica dei telai), furono risolti prima della seconda gara a Imola, dove fu invece l’esuberanza di noi giovani piloti a lasciare sul percorso molte vetture.
Gara dopo gara, affidabilità e comportamento delle vetture migliorarono, e già l’anno successivo, anche grazie all’adozione del differenziale autobloccante, la Formula Italia divenne una vera monoposto, ulteriormente migliorata negli anni seguenti da abili preparatori, alcuni dei quali lasciarono un segno nel motorsport.
La Formula Italia si dimostrò formula addestrativa estremamente valida, e lo confermano i molti piloti che, passando da queste vetture, sono giunti ai massimi livelli degli sport motoristici.